Intervento psicologico a persone con patologia organica con importante componente alimentare (celiachia, diabete, cardiopatia, ecc.)

intervento

Il cibo per sua specifica natura riveste un significato simbolico e relazionale che trascende il semplice valore nutrizionale e la necessità per l’organismo di alimentarsi. Di fatto l’alimentazione riguarda anche la salute affettivo-relazionale, poiché oltre al corpo si alimenta il rapporto dell’individuo con se stesso e con gli altri.
Diversi possono essere i significati del cibo. Nella fase di sviluppo del neonato il cibo si pone come primo linguaggio relazionale con la madre che attraverso l’atto del nutrire può comunicare al figlio affetto, empatia, sicurezza, considerazione, ma anche ansia, paura, rifiuto, e il bambino dall’altra che, attraverso l’accettazione o rifiuto del cibo, accetta o rifiuta la madre.
Esiste poi il cibo-premio, a cui i genitori ricorrono per premiare i figli in specifici momenti.
Da adulti continuiamo ad utilizzare il cibo come premio per festeggiare qualcosa di importante (per es. superare un esame, ecc. Ancora, il cibo-energia-rimedio che interviene in quei momenti in cui la persona può sentirsi fragile, può avere paura di non farcela in qualcosa: “mangia che ti passa e starai meglio!”. Il cibo diventa cosi la risposta al bisogno di sentirsi protetti e sostenuti.
Altresì il cibo come aspetto socio-culturale ormai consolidato nei tempi. Fin dall’antichità la condivisione del cibo esprime sia il significato di “alleato, pace” protratto fino ai nostri giorni (per es. portare un dolce quando si è invitati indica il venire in pace, non essere il nemico), oppure di “soccorritore” in eventi poco favorevoli.
Oltre ciò il cibo è anche convivialità, mangiare insieme per favorire il dialogo, la riflessione e il piacere della socialità. Possiamo pertanto immaginare quanto l’alimentazione abbia un ruolo fondamentale nella nostra vita quotidiana poiché è fonte di vita e di benessere psicofisico. Assolve pertanto diverse funzioni quali nutrizionali, psicologiche, sociali e relazionali tale da scandire e determinare la nostra qualità di vita.
La diagnosi di celiachia, soprattutto nella fase adulta, induce l’individuo a dei cambiamenti del proprio comportamento alimentare, cosi come del proprio stile di vita, tale da rendere complesso questo momento di “crisi”.
Nel considerare ogni persona nella sua soggettività e unicità, tale per cui le reazioni ed adattamento ai cambiamenti alimentari sono alquanto individuali, cosi come nel tenere conto ogni patologia organica, in cui è implicata l’alimentazione, nella sua specificità, comunque la persona è chiamata ad essere protagonista della propria salute, e quindi prendersi cura di sé.
Il prendersi cura di sé passa anche attraverso una sana e buona alimentazione, capace di armonizzarsi con se stessi, con il proprio corpo e l’ambiente esterno. La salute è la capacita di reagire a tutto quello che è in movimento attorno a noi, compreso il cambiamento di cibo che programmiamo noi stessi per variare o che, come nel caso specifico della malattia, ci viene imposto dalle circostanze.
Il mio intervento di consulenza psicologica e/o di supporto psicoterapeutico è vòlto alla persona che manifesta la sua difficoltà ad accettare limitazioni dietetiche, sostenendola da una parte, a trovare e dare un significato, un senso, a quanto accaduto, dall’altra a scoprire o riscoprire risorse psicologiche adeguate a superare il momento di crisi al fine di un miglioramento della propria qualità di vita,  avvicinandosi  al cibo con la curiosità negli occhi e con la gioia di accogliere e ricevere nutrimento fisico e psichico.